domenica 16 novembre 2008

Mia madre e mio padre e qualche nuova spiegazione.

Un nuovo post devo dedicarlo a loro.
Di mio padre é la sensibilitá che si avverte subito.
Il ricordo piú grande che ho di lui sono le sue lacrime, sí, perché mio padre piange anche.
Ricordo me che trionfante esco dal bagno annunciando l'ennesimo chilo perso, e accecata dalla furia non mi accorgo del silenzio, del suo silenzio, silenzio interrotto dai suoi singhiozzi, ora capisco, capisco quel suo abbraccio, il suo orrore nel non volermi vedere nuda, le sue domande ossessive su quanto avessi ingoiato. La sua paura e la sua fiducia in me, nelle mie forze.
Ricordo le sue telefonate, colme d'angoscia nel lasciarmi sola nella mia follia.
Le sue domande, la sua comprensione strabiliante verso un male incomprensibile a molti.
Riconosco i suoi sforzi per avvicinarsi a me quando attorno non volevo nessuno, mi recuperó in Spagna, quando mi stavo lasciando andare, mi recuperó dall'autobus in cui stavo svenendo, e accettó le mie scuse stupide "forse l'alcool, forse il freddo", mentre sapeva bene che era la fame.
I suoi abbracci nonostante le mie ossa spuntassero e pungessero.
Mia madre é stata forte, in lei risiedeva la scienza, ha fatto da medico quando erano invece esplosioni di maternitá che mi aspettavo. Nessun commento, nemmeno quando le chiesi di prendere il mio cibo dal piatto a una cena, per non far notare che non stavo mangiando.
Nemmeno quando le rinfacciai i suoi errori, errori che non si possono non commettere quando si é genitori. Pronta sempre a soccorrermi. A coccolarmi, a nutrirmi d'amore, quando era l'unica cosa che assumevo.
Ed ora che risento la voce di Ana percorrermi in lungo e largo il corpo, il primo pensiero va a loro. Loro che stanno facendo tanti sacrifici per sgombrare la strada verso le mie mete, cosí alte, cosí irraggiungibili.
Mentre io valuto i miei successi sulla bilancia, e mi vedo enorme, orribile, se non entro nelle 38.
Mi chiedo perché non basti la loro gioia di sentirmi star meglio a colmare il desiderio del nulla.
Del vuoto.
Dimagrire per un dca non é un seguire la moda, un vedersi piú belli, uno star bene.
Dimagrire é sparire, consumarsi, nascondersi, mentre tutti ti cercano e ti vogliono.
Dimagrire é fuggire, é sperare, é voler andare lontano. Non é la magrezza, non é l'essere belli che interessa. É la prova del proprio autocontrollo. Disciplina severa, obiettivi lontani, tutto e subito.
Sento morsi al cuore quando leggo i commenti ai post delle "pro ana", commenti inutili, che non fanno che peggiorare la situazione. E provo odio. Odio per chi non sa farsi i fatti suoi.
Decaloghi e lettere per sentirsi vicine ad Ana, questo fantasma magrissimo che si impossessa delle ragazze e dei ragazzi. Non é la moda, non é la vicina di casa con il metabolismo rapido, che porta a questo. Ma la sosituzione della disciplina al benessere.
Ottime prestazioni, perfezione a vista, autocontrollo, resistenza al bisogno, questi quattro cancelli delimitano la vita di un Dca. Una Anorexia mirabilis degna di sante medioevali.

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